Il Cane che si trasformò in Uomo prima di Morire

[su_heading size=”20″ margin=”10″]Ogni storia porta con se una morale, un insegnamento. Non so se questo è il caso, so solo che è una storia vera, toccata personalmente. Vi racconterò del cane che prima di morire si trasformò in un uomo.[/su_heading]

 

Faceva caldo quell’estate, i raggi riflettevano una luce dorata e il vento mite, tipico di quelle zone, si presentava come una leggera brezza. Io ero piccolo, poco più di un ragazzino, ancora un pò goffo e sempre con il sorriso sul viso. Io e i miei zii eravamo in quella zona di macchia maremmana, tra la collina e la pianura, per dare il benvenuto ad un nuovo membro della nostra famiglia: eravamo li per adottare un cane. Quanto erano belli! Tutti pelosini, con un colore tendente allo scuro e con un gran testone, ereditato quasi esclusivamente dal padre. Alla fine scegliemmo un bel maschietto con il manto tigrato e gli demmo il nome Hans. Il cane crebbe ed io con lui. Eravamo inseparabili, quando le condizioni mi permettevano di stare con lui!





Eravamo come fratelli. Il sentimento che ci legava era qualcosa di forte, ma talmente forte che a volte, quando ero separato da lui mi mancava e non vedevo l’ora di rivederlo presto. Da giovane era già un cane di taglia grande, ma come tutti i giovani la voglia di giocare era insaziabile e quindi molte volte tra me e lui finiva a zuffa. Ero incuriosito mentre osservavo che seguiva tutte le procedure del codice del gioco alla lettera anche con me, un umano. Eseguiva un inchino scodinzolante, io rispondevo all’inchino e lui mi era già addosso; ma da povero umano che sono, con la mia carne tenera, finivo presto di giocare e me ne tornavo a casa la sera con qualche graffio in più. Da adulto si calmò, ma il suo attaccamento verso di me non mutò mai e cresceva anno dopo anno, provando io stesso la medesima cosa. Tutti ci vedevano come fratelli diversi.

Il cane che si trasformò

Un giorno stavamo passeggiando vicino ad una trattoria dove un’allegra brigata stava festeggiando con salumi e vino. Tutto accadde in un secondo. Da dietro un vaso spuntò fuori un lupo cecoslovacco, massiccio e possente, che rizzando il pelo si avvento’ su Hans ferendogli un orecchio e tirandomi, accidentalmente, una poderosa zampata sul ginocchio. La mia mano fu più veloce del mio pensiero, sfoderai al lupo un pugno, che lo disorientò per qualche secondo, tempo sufficiente per metterci al riparo. A casa la mia ferita fu medicata e Hans, come dispiaciuto dell’accaduto, mise il muso sulla mia gamba malandata e così rimase, immobile, per parecchio tempo. La ferita si rimarginò e anche il buchetto sull’orecchio del cane passò, ma la sua reazione mi dimostrò più che mai che lui non era solo un cane, lui era vita e capiva, si frustrava per la vita altrui.

Gli anni passarono e i problemi iniziarono a farsi sentire, ma quanto eravamo lontani da sapere la gravità della cosa. Col tempo il mio fratellino iniziò a comportarsi in maniera strana. Nuvole nere si avvicinavano all’orizzonte e la notizia gelò il sangue più del freddo: gli diagnosticarono un tumore. Si è tentato di operarlo, ma in vano. Il morbo ero più forte, come inchiostro nero che si sparge in tutto il volume dell’acqua, il tumore lo stava portando via con sè. Camminare diventò un’impresa, fare i propri bisogni era impossibile, mugugni stanchi e doloranti echeggiavano la notte. La decisione al riguardo fu presa, lo dovettero sopprimere. Entrammo dal veterinario, lui con aria rassegnata e io con la faccia pietrificata. Non c’erano emozioni in me, solo il vuoto che mi opprimeva e mi avvolgeva. Tenebre nella testa e nel cuore, solo un turbinio di emozioni e del gran amaro in bocca. Il sedativo non era abbastanza, quanto eri forte amico mio. Io ero attonito, lo tenevo tra le mie braccia, lo consolavo, lo abbracciavo. Di colpo si staccò da me e si diresse verso la veterinaria, poggiando il muso sulle sue gambe, come con me quel giorno del lupo. La guardava come se dicesse: “Non è colpa tua”, con quegli occhi che per un essere umano significano solo una cosa, dispiacere e perdono. E li finì la sua vita, un suono sordo, un tonfo che penetrò nell’animo con un masso nell’oceano. Il momento della “puntura” arrivò e li lo toccai per l’ultima volta.

Faceva caldo e i raggi riflettevano sul sudore della mia pelle mentre seppellivo il mio fratellino, che mi dimostro’, con quel gesto dal veterinario, che un cane, anche se in punto di morte, trova sempre la forza per perdonare.

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