Al momento della premiazione i due atleti afroamericani si presentano scalzi, con indosso solamente un paio di calzini neri. Smith indossa una sciarpa nera, per rappresentare l’orgoglio dei neri americani, mentre Carlos ha la parte superiore della tuta aperta, per mostrare solidarietà con tutti gli operai degli Stati Uniti; entrambi indossano un guanto nero. I guanti avrebbero dovuto essere due, ma Carlos dimenticò il suo paio al villaggio olimpico ed il compagno dovette prestargliene uno, pare su suggerimento di Norman, che aderì alla protesta.
Appena risuonano le note dell’inno statunitense, i due atleti chinano la testa ed alzano il pugno guantato di nero al cielo, per protestare contro la condizione sociale dei neri negli Stati Uniti. L’immagine risulta fortissima e in poche ore le immagini fanno il giro del mondo. Questo gesto è la dimostrazione più importante mai avvenuta durante un’edizione dei giochi olimpici.
Terminato l’inno gran parte del pubblico presente fischia e condanna il gesto di protesta, tanto che il presidente del CIO Avery Brundage è costretto ad usare la linea dura con gli atleti, facendo subito espellere i due afroamericani dal villaggio olimpico.

Tornati negli Stati Uniti, i due Atleti subiscono molteplici insulti e addirittura minacce di morte, e dovettero abbandonare il mondo della corsa, pur rimanendo nell’ambiente sportivo, giocando a football americano e allenando futuri atleti olimpionici. Solo nel 2008, durante gli Espy Awards, venne riconosciuto loro il merito ed il coraggio per quelle azioni, e furono insigniti del premio Artur Ashe.
Anche l’australiano Peter Norman subirà le conseguenze di quel gesto nel 1968: verrà ostracizzato dai media australiani e gli verrà impedito dalla federazione australiana di partecipare alle Olimpiadi di Monaco di Baviera nel 1972. Al suo funerale, nel 2006, furono proprio Smith e Carlos a reggere la sua bara.